àˆ il più grande d’Italia e non poteva che essere il primo. 

La Circolare Ministeriale in materia di Call Center ha iniziato a sortire effetti. Per i Call Center di Atesia, Cos, Cosmed, Aticos, In-action, tutti del Gruppo Almaviva (che raccoglie complessivamante 13.000 operatori telefonici) si parla di una significativa svolta. I contratti a progetto senza progetto sono stati convertiti in posti a tempo indeterminato, come è giusto che fosse. Totale: 6.500 stabilizzazioni, come spiega anche Repubblica.

In attesa del documento di gennaio che si occuperà  dell’uso di Internet e della Posta elettronica, il Garante Privacy ha messo le mani avanti, diffondendo le Linee Guida per il trattamento dei dati personali dei dipendenti privati [pubblicate anche sulla Gazzetta Ufficiale n. 275 del 7 dicembre 2006].

Nessuna novità , ma soltanto una raccolta di indirizzi già  espressi in passato. Il messaggio è rivolto agli imprenditori zelanti, agli spioni stile caso Telecom, ai padroncini che amano tenere traccia di informazioni sui propri dipendenti senza il loro consenso. Il principio cardine:

“Le informazioni di carattere personale possono essere trattate dal datore di lavoro nella misura in cui siano necessarie per dare corretta esecuzione al rapporto di lavoro” (Punto 2.1).

Lo Statuto dei Lavoratori (Legge 20 maggio 1970 n. 300) oltre trentanni fa – quando gli uffici amministrativi ancora non usavano i personal computer – accenna a un problema simile, in una maniera meno moderna ma molto chiara:

“àˆ vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità  di controllo a distanza dell’attività  dei lavoratori”. (Art. 4)

Le “altre apparecchiature” sono poi diventate i PC e la questione privacy si è complicata..

Una breve riflessione dettata dalla necessità  di capire come rivendere i miei servizi, ma che si può tranquillamente estendere a tutti i lavoratori cosiddetti “della conoscenza”, ovvero a quei consulenti che prestano attività  legate alla produzione di beni intangibili come lavoratori autonomi.

La domanda è: “A quale prezzo devo rivendere i miei servizi a un’azienda perché la mia vita lavorativa sia in equilibrio con il costo del lavoro, i diritti e le prestazioni di un lavoratore medio che opera sul mercato?

Ovvio che il tema è senza confini. Per delimitarlo diciamo che:

  1. la mia attività  è (a grandi linee) assimilabile a quella svolta in azienda in aree funzionali che richiedono le mie conoscenze. Non sono cioè né uno specialista di nicchia, assente nelle imprese “normali” [un avvocato di diritto fallimentare, un esperto di compliance per i mercati extraeuropei ecc..] né un marziano che non potrebbe trovare impiego presso alcuna società ;
  2. decido di non rivendere i miei servizi a un prezzo inferiore a quello applicato al costo del lavoro di un dipendente che svolge le mie stesse attività  in azienda e neppure di alzare le mie tariffe rispetto a questo parametro (anche se a dire il vero, sarebbe una cosa ovvia visto che all’impresa dovrei fare pagare un valore aggiuntivo a compensazione del mancato rischio sulla mia assunzione);
  3. vorrei avere una vita “normale”.. Semplificando: con week-end di riposo, festività , malattia retribuita e via discorrendo, compreso un accumulo di liquidità  (tipo TFR), il pagamento IRAP incluso, come per le imprese. Tutto ciò che rende il lavoro “standard”, non atipico. In particolare vorrei che i versamenti previdenziali mi garantiscano in futuro una pensione equivalente a quella di un dipendente;
  4. facciamo finta che tutti i costi di produzione siano deducibili e che siamo abbastanza bravi da riempire “la bottiglia” del nostro tempo, ovvero di lavorare full time.

Poste queste premesse (che comunque sono la leva su cui le imprese puntano nell’impiego di lavoro autonomo per fare margine oggi, non dimentichiamolo!), facciamo due conti, prendendo per esempio il settore Industria e una retribuzione media di un impiegato (26.000 euro lorde).

Il calcolo del Costo Orario

Ebbene un giorno di lavoro costa (e dovrebbe “essere venduto”, stando all’equivalenza posta ai punti elencati sopra) 166 euro + IVA.

Se la professionalità  che mettete in campo è simile a quella di un Quadro, per tenere il suo livello retributivo medio (ca. 50.000 euro lordi all’anno), una vostra giornata di lavoro costerebbe 320 euro + IVA al giorno.

Per il livello dirigenziale, si parla di 640 euro + IVA al giorno.

àˆ ovvio che si tratta di un calcolo che utilizza una logica estranea al normale rapporto tra lavoro autonomo e dipendente, soprattutto in relazione ai costi di gestione. E presuppone che siate professionisti equiparabili a un “lavoratore medio”.

Ma tutto questo è reale? Un lavoratore intellettuale autonomo è in grado di imporre queste tariffe?

La vera sfida delle Partite IVA di seconda generazione oggi è proprio rispondere a queste due domande, facendo i conti con questo “soffitto di cemento”, ovvero con la sistematica rimozione dei costi nascosti (soprattutto dei costi sociali) che sono sempre in chiaro per il lavoro dipendente, ma invisibili nel lavoro autonomo. Sotto questo tetto ci si gioca professionalità  e quotazione delle competenze.

(P.S. A chi interessa lascio il foglio di Calcolo per il Costo Orario del lavoro dipendente da me realizzato).